Gli scavi al centro della regione della Nurra, ripresi dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, hanno portato alla luce unAltare prenuragico di Monte d'Accoddi capolavoro dell’archeologia. Un #PostoDelCuore, in provincia di Sassari, di cui ancora oggi rimangono enigmi irrisolti che ne alimentano il fascino: stiamo parlando del Monte d’Accoddi.

Quando e come è stato scoperto il Monte d’Accoddi?

Alcuni anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la Regione Sardegna dà avvio a un importante programma di scavi mirato alla ripresa delle ricerche archeologiche sospese durante il conflitto. All’interno di questo programma confluiscono gli scavi del Monte d’Accoddi insieme a quelli condotti in altri importati siti sardi come l’Area Archeologica di Nora. A promuovere queste ricerche contribuisce l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Antonio Segni, che punta sull’archeologo Ercole Contu per portare avanti i lavori. All’epoca giovane stimato archeologo, Ercole Contu si trovava in quel periodo in servizio a Bologna. Richiamato in Sardegna per gli scavi nella Nurra, non immaginava affatto di fare una scoperta così importante: un monumento non classificabile come nuraghe, unico nel territorio sardo e in tutto il Mediterraneo occidentale.

Quali sono le caratteristiche del sito emerse negli anni di scavo?

Come dicevamo, i primi lavori di scavo vengono condotti da Ercole Contu che fa l’incredibile scoperta nel 1952. Le attività proseguono sotto la sua supervisione fino al 1958 per poi riprendere dal 1979 al 1989 sotto il controllo di Santo Tinè. I lunghi scavi svolti hanno fatto emergere da quella che sembrava una semplice collina nella Nurra pianeggiante un’imponente struttura tronco-piramidale.

Molto simile alle ziqqurat mesopotamiche, il monumento era un vero e proprio santuario in cui si celebravano riti propiziatori della fertilità come dimostrano i reperti rinvenuti nel sito. Gli studi condotti hanno messo in evidenza una costruzione in due fasi successive del santuario. Una prima fase, risalente a circa 5.000 anni fa, è definita del “Tempio Rosso”, perché sulla terrazza si presentava un vano dipinto in ocra rossa. Mentre la fase successiva, risalente all’Età del Rame (collocata tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C.), è definita del “Tempio a gradoni”: blocchi di pietre, gradoni e rampa d’accesso vengono aggiunti dando una nuova conformazione al sito in quest’ultima fase del Neolitico.

Perché il sito è avvolto dal mistero?

Quando si parla di Monte d’Accoddi ci si riferisce principalmente al santuario ma in generale a tutto il sito. Infatti, l’Altare prenuragico non è l’unico elemento presente, ma si accompagna ad altre costruzioni e reperti di grande interesse: un villaggio costituito dai resti di diverse capanne, menhir, lastre forate per i sacrifici, tre stele e due pietre circolari che rappresentavano rispettivamente il sole e la luna.

La sacralità del luogo, di cui questi elementi sono il simbolo, è indubbia ma rimangono comunque molti misteri irrisolti che lo avvolgono. Prima di tutto la tipologia di struttura che, come dicevamo, è un unicum in Sardegna e in secondo luogo la sua funzione. Nonostante sia considerato generalmente un luogo di culto non è possibile determinare con certezza le pratiche culturali che vi si svolgevano e quali fossero gli ulteriori scopi di questo monumento. Si ipotizza comunque che il culto praticato fosse quello della Dea Madre, che sembra essere raffigurata su una stele rinvenuta nel sito e ora conservata nel Museo Sanna di Sassari.

Come arrivare al Monte d’Accoddi?

Situato a circa 13 km da Sassari, il sito è raggiungibile tramite la Strada Statale 131 verso Porto Torres. Preso lo svincolo per Bancali, bisogna proseguire fino alla Strada Vicinale Monte d’Accoddi e, a quel punto, lasciarsi guidare dai cartelli che segnalano l’area archeologica. Il sito è visitabile da martedì a domenica dalle 10.00 alle 14.00 ed è chiuso il lunedì e i festivi.

Una volta giunti a destinazione, si potrà ammirare un Posto del Cuore senza paragoni nel Mediterraneo e incrociare i propri passi con quelli compiuti da civiltà di 5.000 anni fa.